Carteggi di Psicologia

Etica e deontologia della professione di Psicologo

Probabilmente non sempre si tiene conto che tenere un comportamento conforme alla deontologia professionale è parte integrante dell’intervento psicoterapeutico stesso.

Qualche settimana fa in rete, nella landa sterminata del web, circola un video di un servizio “giornalistico” di denuncia riguardo un sedicente professionista, psicoterapeuta che approfittava della sua professione per molestare donne, persone sofferenti che si rivolgevano a lui per essere aiutate (http://mestre.veneziatoday.it/servizio-iene-psicologo-abusatore.html) . E’ solo l’ennesimo caso di abuso della professione.

La vicenda mi ha riportato alla mente quando qualche anno fa fui invitato presso una Scuola di Specializzazione in Psicoterapia a tenere una lezione a proposito del comportamento etico e deontologico relativo alla professione di psicoterapeuta.

Cerchi uno psicoterapeuta?
Alba - Risveglia la tua parte migliore

Probabilmente non sempre si tiene conto che tenere un comportamento conforme alla deontologia professionale è parte integrante dell’intervento psicoterapeutico stesso.

L’esercizio di un “potere” conseguente ad un sapere tecnico rispetto ad un altro individuo che quel sapere non lo detiene, è uno dei fattori che caratterizza tante professioni d’aiuto, come quella dell’insegnante, del medico e dello psicologo, e ci rimanda a due aspetti fondamentali della deontologia professionale:

La professionalità, che si riferisce ad una condizione imprescindibile ma non sufficiente, in quanto la volontà di aiutare l’altro da sola non basta a giustificare l’intervento d’aiuto anche in caso di necessità. Possedere uno “spirito missionario” non è sufficiente a consentire il diritto ad entrare nello spazio psicologico dell’altro.

L’autonomia, ovvero il rispetto assoluto dei valori di chi si rivolge ad un terapeuta.  La professione implica rifiutare le situazioni in cui l’opera dello psicologo costituirebbe colludere con quanti esercitano una pressione sul paziente-cliente, sia essa giuridica, psicologica o morale.

Di certo due sembrano essere i comportamenti definiti deontologicamente inammissibili: la subordinazione strumentale a chi detiene un’autorità e la manipolazione del paziente/cliente/allievo per suscitare consenso con il terapeuta.

Intanto, credo sia opportuno chiarire che quando parliamo di argomenti quali “etica” e “deontologia” non ci si può esimere dal citare la

DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL’ESSERE UMANO

adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dic. 1948.

Tale dichiarazione è costituita da 30 articoli che esprimono l’evoluzione del pensiero etico nella civiltà umana. Il ché vuol dire che esistono principi che vanno oltre ogni qualsivoglia professione e che investono ogni essere umano.

In essa possiamo rintracciare alcuni principi fondamentali e utili anche per ciò che riguarda l’etica della professione di psicoterapeuta. Ne evidenzierò alcuni ma mi permetto di suggerirne la lettura integrale al link (http://www.ohchr.org/EN/pages/home.aspx)

“Tutti gli esseri umani nascono liberi ed uguali in dignità e diritti” (art. 1, c.1)

——————

“A ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente dichiarazione senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra condizione” (art. 2, c.1)

——————- 

“Nessun individuo potrà essere sottoposto a interferenza arbitrarie nella sua vita privata, nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, nè a lesioni al suo onore e della sua reputazione” (art. 12)

Chiariti questi principi essenziali, bisogna soffermarci su altri fattori che compongono le fondamenta dell’intero apparato deontologico.

– Morale

“dal lat. moralis, der. di mos moris «costume». (http://www.treccani.it/vocabolario/morale1/)

Relativo ai costumi, cioè al vivere pratico, in quanto comporta una scelta consapevole tra azioni ugualmente possibili, ma alle quali compete o si attribuisce valore diverso o opposto (bene e male, giusto e ingiusto); libertà m., capacità di scegliere e operare, assumendosene in coscienza la responsabilità (responsabilità m.), in accordo con principî ritenuti di valore universale o contro di essi; senso m., la capacità di distinguere ciò che è bene da ciò che è male, ritenuta presente in misura maggiore o minore in ogni uomo, innata oppure acquisita con l’educazione e l’esperienza” (http://www.treccani.it/vocabolario/morale1/).

La Morale definisce, quindi, ciò che è considerato “bene” o viceversa “male” rispetto ai pensieri e ai comportamenti umani, e più generalmente, ai costumi e agli stili di vita vigenti in una determinata società e cultura.

La morale cambierebbe da popolazione a popolazione e si modificherebbe nel corso degli anni anche all’interno della stessa civiltà in cui si applica. Ciò che può essere considerato “male” in un determinato momento storico, infatti, può essere considerato “bene” in un periodo storico diverso.

Essa viene per lo più considerata frutto dei tempi e dei costumi vigenti in relazione alle esigenze storiche degli individui e delle comunità, piuttosto che definita a priori. 

Etica

“In senso ampio, quel ramo della filosofia che si occupa di qualsiasi forma di comportamento umano, politico, giuridico o morale; in senso stretto, invece, l’e. va distinta sia dalla politica sia dal diritto, in quanto ramo della filosofia che si occupa più specificamente della sfera delle azioni buone o cattive e non già di quelle giuridicamente permesse o proibite o di quelle politicamente più adeguate.” (http://www.treccani.it/enciclopedia/etica/)

Il termine “etica” fu introdotto da Aristotele ad indicare la parte della filosofia che studia la condotta dell’umano, i criteri in base ai quali si valutano i comportamenti e le scelte, il modo di essere e il comportamento dell’essere dal punto di vista di “giusto” e  “sbagliato”.

L’etica è la riflessione in base alla quale ogni persona si interroga sul proprio comportamento per valutare se ciò che fa corrisponde a ciò che dovrebbe fare, a ciò che è giusto fare”. (Peroni, 2002).

Lo scopo dell’etica è fondamentalmente la conoscenza di quelle regole che stanno alla base dei rapporti tra l’individuo e la società affinché l’uno e l’altra possano convivere in una dimensione di rispetto reciproco.

Da un punto di vista più professionale, l’etica rimanda a quel “sapere” che è in grado di indirizzare qual si voglia professionista a capire quali sono i comportamenti più corretti da seguire per garantire un’assistenza adeguata alle esigenze e alle richieste delle persone assistite, che chiedono un servizio di cura non solo professionalmente elevato, ma anche umanamente qualificato.

Attraverso l’approfondimento della dimensione etica abbiamo l’occasione di indirizzare il comportamento professionale, oltre che umano, di capire le ragioni che devono guidarlo, verso le motivazioni alla base di scelte che siano rispettose di ogni persona.

R-Hutterer-Krisch (2012) dopo aver analizzato i valori impliciti nei diversi indirizzi di terapia, afferma che: “nessun orientamento terapeutico è privo di presupposti.

E ciò non è un limite, perché se i valori presupposti sono anche conosciuti, non esiste alcun problema di indottrinamento. Al contrario, proprio una dichiarazione aperta dei valori di riferimento permette al cliente un confronto e uno sviluppo”.

Su un terreno che si trasforma così rapidamente, psicologi e psicoterapeuti si ritrovano con questioni etiche complesse per le quali non esiste una risposta semplice o immediata. Nessuno psicologo – anche nel campo del comportamento etico – è immune da errori.

L’importante è trarre dagli errori un vantaggio terapeutico per il/la paziente e un’efficace autoprotezione per il/la psicoterapeuta.

Perché da psicologo/psicoterapeuta devo e voglio agire eticamente “bene”? Cosa significa agire eticamente “bene”?

Prendo in prestito le parole della scrittrice Michela Marzano:

Il principio cardine dell’etica contemporanea è quello di autonomia, in base al quale ognuno di noi deve poter essere libero di vivere seguendo i propri valori e le proprie credenze. Non esiste più un’Autorità unica, riconosciuta da tutti e capace di dirci quello che dovremmo o meno fare in qualunque circostanza. Ciascuno deve poter decidere e scegliere come agire e come comportarsi, senza che nessun altro interferisca o salga in cattedra per dire ciò che Bene e ciò che Male”.

“Per costruire una società giusta, si deve essere capaci di parlare non solo di libertà e di autonomia, ma anche di uguaglianza e di solidarietà”. (M. Marzano)

Non si può fare a meno di considerare il rispetto assoluto dei principi di “autonomia e libertà” di ogni persona e verso ogni persona in una cornice di “uguaglianza e solidarietà” che favorisca il rispettoso vivere comune.

L’etica”, diceva H. Von Foerster, uno dei padri del Costruttivismo, “è implicita nella scelta di rinunciare alloggettività” e più compiutamente,

Coloro che decidono di essere osservatori di un universo indipendente, e ci riferiscono i risultati delle loro osservazioni, ci forniscono il vasto campo del sapere ortodosso. 

Il potere di questa posizione è la fiducia nelle capacità di descrivere in modo definitivo ed inequivocabile lunicità delluniverso – Verità –  e di descrivere questo universo senza che le caratteristiche proprie dellosservatore entrino a far parte delle sue osservazioni –Oggettività. 

Le nozioni di Verità e Oggettività garantiscono la popolarità di questa posizione: la prima promuove autorità – E come io ho detto -, la seconda toglie responsabilità – Te lho riferito così come è. Inoltre, separandosi dalluniverso, ci si separa anche dagli altri.

Quando chiedo a me stesso: Sono io una parte delluniverso? e rispondo Certo,

stabilisco qui e ora che tutte le volte che agisco, non sono solo io a cambiare:

anche luniverso cambia insieme a me. (…). Ciò mi unisce con le mie azioni in modo inseparabile a tutti gli altri: così si viene stabilendo un requisito indispensabile per una fondazione delletica”. (2004)

– Deontologia

“Termine filosofico coniato, nella forma ingl. deontology, da J. Bentham (1748-1832) per designare la sua dottrina utilitaristica dei doveri, passato poi a indicare lo studio (empirico) di determinati doveri in rapporto a particolari situazioni sociali. In partic., dmedica, l’insieme delle norme riguardanti i diritti e, soprattutto, i doveri e le responsabilità del medico, nei suoi rapporti con i pazienti e con i colleghi.”

(http://www.treccani.it/vocabolario/deontologia/)

Deriva dal greco “deon” = dovere e “logos” = discorso, scienza, da cui scienza che studia i doveri, l’insieme dei doveri e delle regole che riguarda un gruppo professionale.

Si riferisce a quell’ insieme di norme, regole e virtù qualificanti l’agire di un professionista quando svolge la sua professione.

La deontologia è l’espressione dell’etica professionale, di cui articola obblighi e doveri rispetto ai destinatari della professione, rispetto ai colleghi, rispetto ad altri professionisti.

La deontologia professionale è l’insieme codificato degli obblighi che i professionisti devono rispettare nell’esercizio della loro professione. E’ un insieme di regole che indicano come comportarsi in quanto membri di un corpo sociale determinato, la professione.

Essa non riguarda la tecnica con la quale si effettuano le prestazioni ma i comportamenti che vengono tenuti in occasione di tali prestazioni (possono essere caratterizzati da correttezza, onestà, riservatezza.)

Per alcune professioni la deontologia si esprime concretamente in un documento: il codice deontologico, che esprime i principi e i valori etici fondanti della professione stessa e che i suoi membri si impegnano ad osservare.

[Il termine professionista viene dal latino profiteri , cioè dichiarare apertamente.]

– Codice Deontologico

Il codice comprende:

– Norme Precettive o primarie, che definiscono ciò che è obbligatorio, vale a dire ciò che è permesso e ciò che è proibito nello svolgimento della professione e che si sostanziano nel codice deontologico stesso;

– Norme di Indirizzo o di secondo grado, sono quelle regole che istituiscono l’ordine professionale e gli conferiscono la funzione di produrre e far applicare una specifica normativa deontologica.

CODICE DEONTOLOGICO – Testo approvato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine ai sensi dell’art. 28, comma 6 lettera c) della Legge n. 56/89, in data 15-16 dicembre 2006, modificato in data 8 Luglio 2009 e in data 5 Luglio 2013.

Esso contiene al suo interno sia norme di tipo “imperativo”, come divieti e obblighi, sia di tipo “permissivo”, ovvero che concedono la possibilità di svolgere attività o di assumere comportamenti senza che divengano obbligatori.

Ne consegue che le regole deontologiche sono a tutti gli effetti norme giuridiche, la cui violazione prevederà l’erogazione di una specifica sanzione disciplinare.

Le sanzioni disciplinari che possono essere comminate agli iscritti ad un albo professionale che si sono resi colpevoli della violazione del C.D. vigente, sono:

Avvertimento – semplice diffida a non protrarre la condotta scorretta.

Censura – dichiarazione di biasimo per la scorrettezza compiuta.

Sospensione – inibizione temporanea (non superiore ad un anno) ad esercitare la professione.

Radiazione – cancellazione dall’albo professionale

con il conseguente divieto di esercizio a tempo

indeterminato dell’attività professionale. (Calvi, Gulotta, 1999)

Articoli selezionati del Codice deontologico degli psicologi italiani https://www.koinoneo.it/codice-deontologico-degli-psicologi-italiani/

– Consenso Informato

Il consenso informato nella pratica professionale dello psicologo è un aspetto specifico di una problematica più ampia che riguarda in generale l’esplicitazione del consenso da parte delle persone per azioni che hanno una forte rilevanza sulla loro esistenza individuale, familiare e sociale.

Fra queste quelle inerenti lo stato di salute rappresentano un vasto terreno sul quale i diritti della persona si incontrano (e a volte si scontrano) con altre esigenze di tipo etico o sociale.

L’intervento sanitario (psicoterapeutico, psicologico…) non può ritenersi legittimato se non dalla volontà pienamente libera e informata del soggetto direttamente coinvolto.

Nell’attività professionale terapeutica e della ricerca psicologica, lo psicologo è tenuto ad informare il cliente/utente (se adulto

competente) o chi ha la patria potestà (se minorenne o interdetto) o eventuale committente (in altri casi specifici):

  1. sulle caratteristiche delle prestazioni;
  2. sulle finalità e modalità di esse (art. 24.a,b);
  3. sulla prevedibile durata (art. 24.c);
  4. sul compenso professionale (art. 23)

– COMPETENZE

Il documento sulle competenze di base descrive i 13 domini di competenze dello

psicoterapeuta individuati dall’EAP (European Association for Psychotherapy).

L’EAP ha proposto una distinzione in tre livelli o domini di competenze dello psicoterapeuta:

– Le competenze di base sono quelle competenze che ogni psicoterapeuta esprime

indipendentemente dal modello appreso e utilizzato.

– Le competenze specifiche sono quelle competenze che appartengono ad uno

specifico modello psicoterapeutico e che differenziano professionisti di diversi

orientamenti.

– Le competenze specialistiche sono quelle competenze richieste per operare in

specifici contesti (per esempio in carcere) o con specifici clienti/pazienti (per esempio i

bambini).

– Impostare una pratica professionale

– Instaurare una relazione psicoterapeutica

– Effettuare un “Assessment”

– Stipulare un contratto con il paziente/cliente

– Utilizzare tecniche e interventi specifici del proprio modello

– Gestire i momenti critici

– Lavorare in vista della conclusione della psicoterapia

– Collaborare con altri professionisti

– Impegnarsi in una revisione periodica della pratica professionale

– Operare all’interno di una cornice etica

– Gestire la pratica professionale

– Aggiornarsi sulla ricerca in psicoterapia

– Interventi di prevenzione e sensibilizzazione con il paziente/cliente

– L’Etica e la Deontologia nell’era del Web… 

In attesa di una documentazione più ampia e di una letteratura scientifica più significativa, si ritiene opportuno fornire delle indicazioni che orientino la pratica professionale di quanti ne prevedono l’utilizzazione. Il CNOP a tal proposito dirama alcune raccomandazioni.

– I principi etici e le norme del Codice Deontologico si applicano anche nei casi in cui le prestazioni vengono effettuate con il supporto di tecnologie di comunicazione a distanza (cfr. art 1 del Codice Deontologico). Tali principi e norme debbono essere esplicitati attraverso documenti presenti sul sito o sulla piattaforma del professionista che eroga la prestazione.

– Lo sviluppo delle tecnologie di comunicazione a distanza consente interventi di e-health di carattere psicologico. Tali contesti applicativi, per la complessità e la specificità che li caratterizza, richiedono al professionista la disponibilità di tecnologie adeguate e il possesso di particolari competenze nel loro uso.

– Lo psicologo che si serve di tecnologie elettroniche per la

comunicazione a distanza è tenuto a utilizzare sistemi hardware

e software che prevedano efficienti sistemi di protezione dei dati.

Conclusioni

Il Codice Deontologico consente a noi Psicologi e Psicoterapeuti, e in generale ad ogni professionista appartenente ad un ordine professionale, di usufruire di norme che regolano il comportamento verso sé stesso, verso chi chiede aiuto e verso i propri colleghi.

Nel pratico è grazie ad esso che il terapeuta può stabilire dei “confini” di azione superati i quali potrebbe essere seriamente e profondamente compromessa la salute delle persone, che per formazione professionale preferisco non chiamare “pazienti”.

I principi emessi dalla dichiarazione universale dei diritti rappresentano un codice a cui ogni essere umano dovrebbe attenersi. I dettami presenti nel codice deontologico definiscono l’offerta professionale del terapeuta e del professionista, la qualificano.

La correttezza, la lealtà, il rispetto, l’autentica curiosità sono parte integrante del processo di cura perché contribuiscono attivamente a generare fiducia e affidabilità nel terapeuta da parte di chi chiede aiuto e ciò, con molte persone particolarmente sofferenti o coinvolte in esperienze traumatiche, rappresenta uno dei principali obiettivi del percorso terapeutico.

“L’alleanza terapeutica” passa anche da qui, dalle regole.