Carteggi di Psicologia

A scuola con il Disturbo Oppositivo Provocatorio

Secondo articolo del ciclo dedicato alla gestione nel contesto scolastico degli aspetti relazionali e comportamentali dei bambini con diagnosi di DOP-Disturbo Oppositivo Provocatorio (DSM IV).

Apriamo un breve ciclo di articoli dedicati alla gestione nel contesto scolastico degli aspetti relazionali e comportamentali dei bambini con diagnosi di DOP-Disturbo Oppositivo Provocatorio (DSM IV).

In questo articolo cercheremo di capire come effettuare una lettura più articolata delle informazioni che emergono dall’analisi funzionale, utilizzando un episodio estrapolato da uno scenario di vita scolastica che ci guiderà in questa riflessione.

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L’utilizzo di questo strumento non dovrebbe prescindere dall’integrazione delle osservazioni con altri aspetti, tra cui i principali sono: le modalità di attaccamento del bambino, le modalità relazionali dell’insegnante e/o assistente, i bisogni del bambino e il riconoscimento dei suoi punti forza.

Per esplicitare questo utilizziamo un esempio riportato nella tabella tratta da un’osservazione scolastica effettuata con l’Analisi Funzionale. Tale osservazione, strutturata in modo da riconoscere gli aspetti legati al contesto e quelli comportamentali, implica la registrazione immediata dell’evento distinguendo: data e ora, luogo dell’evento, antecedente e conseguente, l’interazione adulto – bambino e l’effetto che ciò genera su quest’ultimo.

 

DATA E ORA CONTESTO ANTECEDENTE CONSEGUENTE TIPI DI INTERAZIONE con il bambino. Descrivere cosa fa l’adulto COMPORTAMENTO DEL BAMBINO (COSA FA DOPO). Descrivere cosa fa il bambino
11.00 Laboratorio di ceramica Attività laboratoriale  libera in piccolo gruppo (costruzione di un’opera a piacere in piccolo gruppo) Il bambino interrompe l’attività girovagando per l’aula  disturbando gli altri gruppi di lavoro nella realizzazione del proprio progetto Richiamo

Rimprovero

Il bambino persevera nel suo comportamento fino alla fine del laboratorio

L’episodio riportato ci induce a riflettere sulle diverse interpretazioni che potrebbero essere date a questo tipo di situazioni in base alla prospettiva adottata.

Concentrandoci sugli effetti del comportamento adottato dal bambino, spesso emergono ipotesi che lasciano poco spazio alla comprensione del bambino e dei suoi bisogni. Ad esempio alcune di queste potrebbero essere (tenendo conto della prospettiva dell’insegnante):

  • Non riusciamo a portare avanti il progetto con la classe;
  • Il bambino disturba il lavoro degli altri;
  • Dovrebbe essere un’attività piacevole, non richiede impegno;
  • Il bambino non ascolta e non rispetta le regole di condivisione;
  • Agitandosi in questo modo non riuscirà a fare nulla.

Proviamo a cambiare il punto di vista concentrandoci sul bambino e formuliamo altre ipotesi:

  • Mi agito se a gli altri non piace il progetto che propongo;
  • Non riesco ad aspettare sempre il mio turno;
  • Voglio dimostrare agli altri le mie potenzialità e se non ci riesco mi agito;
  • Non riesco a portare avanti attività destrutturate;
  • Mi stanco e mi distraggo facilmente;
  • Quando mi arrabbio impaurisco gli altri e riesco ad ottenere quello che voglio.

Notiamo che formulando queste ipotesi di lettura, la prima sulla prospettiva dell’operatore/insegnante e la seconda sul bambino, la probabilità che si crei un legame relazionale cooperativo è limitata, poiché entrambi i protagonisti sono concentrati sui propri bisogni. L’insegnante sul bisogno legato alla performance e al suo obiettivo educativo, il bambino è concentrato sul bisogno di tenere a bada il suo senso di competenza all’interno del gruppo. Se integriamo questi aspetti con le modalità di attaccamento tipiche del bambino con DOP, tendenzialmente insicure e sul versante coercitivo, ci accorgiamo che il rimprovero e il richiamo come modalità relazionali non sortiscono nessun effetto o meglio lo acutizzano poiché si concentrano sulla prospettiva dell’adulto e sul suo bisogno. Dinamiche di questo tipo possono ripresentarsi, perseverare e dominare le relazioni.

Quindi il nostro obiettivo nella scuola non è quello di attutire le conseguenze del comportamento provocatorio, ma di consentire al bambino di sperimentare nuove modalità relazionali, costruendo insieme a chi si occupa di lui il significato dei comportamenti del bambino e anche quello degli insegnanti: cosa significa per l’insegnante che il bambino abbia quel comportamento?

Questa è una chiave di lettura alternativa che consente di prevedere i comportamenti del bambino e di utilizzare con una modalità costruttiva antecedenti, conseguenti, rinforzi e punizioni.

  • La finalità è quella di prevedere e costruire nuove modalità relazionali. Riprendendo l’esempio sopra riportato, ipotizziamo uno scenario alternativo che potrebbe verificarsi  integrando le diverse prospettive: il bambino parteciperà alle attività laboratoriali con obiettivi strutturati e non liberi (che riducono il senso di performance e il confronto con gli altri), con modalità di lavoro di gruppo che garantiscano un’efficacia individuale. I tempi dovrebbero essere brevi, prevedendo altri compiti attinenti al laboratorio (es. ruolo di reporter fotografico), consapevoli costantemente della vulnerabilità del bambino rispetto alla sua gestione emotiva e alle modalità relazionali coercitive.

Nel prossimo articolo esporremo un esempio di Analisi Funzionale, la modalità di elaborazione e la sua interpretazione.

 

 

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